SL 26 – Dolmen – Seconda tappa

Testi di Letizia Bravi
liberamente ispirati a fatti realmente accaduti e a persone realmente esistite.

Ti ricordi, mamma, che da bambina ti chiedevo sempre perché mi hai chiamata così? Rambalda? Ah, non mi piaceva, non mi piaceva… Mi pareva assurdo. Ma adesso…
Senti, tra poco esco. Porto al Fermo e agli altri i vestiti puliti. Chissà che frod al gha, puvreino. C’avevano tutti i panni sporchi, infestati di pidocchi, li ho fatti bollire. Risultato? Ora ce li abbiamo io e la Paoletta i pidocchi. L’altra sera mi hanno chiesto del cibo e avevo solo della pasta marcia… Mentre si cuoceva, sono saliti su i vermi, ah a me veniva il vomito. Ma loro, i partigiani, hanno schiacciato i vermi con le mani e hanno mangiato, tanta fame al ghavan.

Poi è vero che è anche qui a Piacenza si mangia poco… Ormai pane non ce n’è più. E quel che c’è costa da matti.
Te lo ricordi che prima della guerra costava una lira e ottanta? Adesso di lire ne costa otto! Al mercato nero, si intende…  Ah, iammè, iammè.

Anche il burro: sai che lo cercavo? Non l’ho mica trovato, vè. Quello in cucina l’ho fatto io, un lavur di braccia… Ma è per la Paoletta, povera creatura, così piccola e non c’ho niente da darle alla mia piccinina.
Dice il Fermo che dovremo andarcene dalla città, che non è più sicura per noi. Non fare quella faccia, mamma. C’eri anche tu quando ci sono entrati in casa l’ultima volta i fascisti… Questi ancora un pò e ci ammazzano. Non se ne può più.
Prima ho intravvisto la Mina.
Ma sai cosa mi ha raccontato, dì? L’altro giorno doveva portare una borsa ai partigiani. Cammina cammina, si stanca perché è molto pesante… Allora apre di nascosto la borsa: fide, erano delle bombe a mano. Ah, s’è ben presa uno stramlone. Ma le ha portate ugualmente, eh. È stata bravissima.
Te lo ricordi suo nonno? Poveretto,  che quei fascisti gli avevano fatto bere l’olio di ricino… giù con l’imbuto…
Raccontava la Mina che non riusciva più mangiare e aveva sempre la diarrea, sempre la diarrea.
Non se ne può più…
E la Pierina, te la ricordi? Eh. Ascolta: teneva dei partigiani in casa. Arrivano i fascisti: fuggi fuggi generale. Solo che uno dei partigiani era ferito, non poteva mica scappare! Bè lei gli ha detto: “Nasconditi dietro la latrina”.
Lei si è messa davanti a lui e lo copriva. Un fascista entra nel bagno e lei fa finta di… e  gli fa: “Ehi!” E allora il fascista se ne va via.  (Ride)
Quando è uscita gli fa: “Se vuoi andare a vedere adesso che ho finito…” E lui insultandola se ne è andato via. (Ride)

Ah, non se ne può più. Poco fa, per strada ne hanno presa un’altra… Una ragazza giovane, con gli occhi azzurri, sembrava una piccola Madonna. Veniva dalla campagna per chiedere notizie del fratello arrestato… Ha visto la gente ferma davanti ai manifesti coi nomi dei fucilati, in Piazza… “la sentenza è stata eseguita”, c’era scritto. Si è messa a urlare come un’invasata finché non sono arrivati due fascisti e l’hanno portata via… Noi nella folla ci guardavamo di sottecchi… Potrei giurare di aver sentito qualcuno mormorare “Non se ne può più”. O forse ero soltanto io…
Dì e sai cos’hanno combinato alla povera Lisetta? Le hanno fatto violenza così, davanti ai suoi genitori, che non potevano fare niente, una pena, una pena…
E questo è niente… anche alla Lidia… tutti, a turno, come i rapaci sulla carne morta.

Gli uomini li ammazzano combattendo. A noi ci ammazzano così.
Ah, ma gliela facciamo vedere noi. Altro che il sesso debole. Non se ne può più. Adess basta.

Ho un altro biglietto, da portare. Questa volta dice: la civetta ha cantato tutta la notte.
Vuol dire che i tedeschi sono molto vicini. Sì, sì, starò attenta, mamma. Lo so cosa rischio. Ma anche noi donne siamo in guerra, mica solo i maschi.
Altro che il sesso debole.
Infatti, sai cosa, mamma? Quando ero piccola a me non piaceva il nome Rambalda… Ma ora, se penso che era il nome di un grande condottiero… ne vado fiera. Io sono la Rambalda, una staffetta, una partigiana… una condottiera!