SL 26 – Barriera Genova – Prima tappa

Testi di Letizia Bravi
liberamente ispirati a fatti realmente accaduti e a persone realmente esistite.

L: (chiamandolo mentre lui si allontana frettolosamente) Giorgio… Giorgio!

R: Dai, mamma, farò tardi!

L: Giorgio, aspetta! Non puoi andare via così. Ti sembra il modo di comportarsi, questo?

 R si ferma e si volta sospirando verso la madre

L: Non ti ho educato come uno screanzato. E so che non lo sei. Tuttavia, non posso non notare, ultimamente, una certa tua insofferenza verso l’autorità, anche verso quella materna.

Lo abbraccia

Se ti dico qualcosa, è per consigliarti al meglio. Perché sei ancora un ragazzino –

R: Mamma!

L: Il mio bambino…

R: Non sono più un bambino. Ho diciassette anni!

L: (Sospira) Non ti rendi nemmeno conto di quanto tu sia ancora così piccolo… E vuoi affrontare cose che sono troppo grandi, molto più grandi di te.

R: Quante storie per un cappello…

L: Non è solo un cappello, e lo sai benissimo. È per quello che questo cappello rappresenta.

R: Ovvero tutto ciò che odio e che voglio combattere! L’ingiustizia, l’oppressione, una vita senza libertà! No, mamma, non insistere: non mi metterò questa stupida divisa oggi.

L: Tesoro, è l’ultimo giorno di scuola! Devi farlo. Il preside, gli insegnanti, tutto il corpo scolastico se ne accorgerà. Già a Natale non ti sei vestito come dovevi e subito il tuo professore, Forlini, me l’ha fatto notare.
Ha chiuso un occhio allora ma non lo farà una seconda volta. È solo un vestito, amore mio, un costume. Pensa di star recitando una parte.

R: Ma se non ci sono nemmeno mai andato a teatro, perché qui censurano tutto! No, non voglio recitare tutto buonino la parte dell’avanguardista, mettermi questo stupido cappello, questa giacca. Mi viene la nausea.

L: Hai solo diciassette anni… Ora dici così ma…

R: Ho solo 17 anni, sì. Ma come ho vissuto finora, mamma?
Prima sono stato un figlio della lupa, poi un Balilla, ora questo… Tu… Tu hai conosciuto una vita libera dalla dittatura… Quando tu avevi la mia età, nessuno ti costringeva ad indossare una stupida divisa. Nessuno ti diceva cosa vedere, cosa dire, cosa scrivere, chi essere, in cosa credere.

Ho solo diciassette anni, sì. E quale avvenire mi si prospetta dinnanzi, mamma? Diventare un giovane fascista? Armarmi per difendere una patria caduta a pezzi? Morire per una causa che non condivido?

L: Abbassa la voce, figliolo…

R: No, mamma, non l’abbasso più la voce. E anche tu dovresti farlo. Sono stanco di questa vita di sussurri. Io voglio poter dire quello che penso, gridarlo anche!
Non nasciamo forse come uomini liberi? Vorrei poter correre adesso e urlare Abbasso il fasci-

La madre gli tappa la bocca.

L: Non essere stupido! Coraggio non significa stoltezza.

R: (ad alta voce) E che cosa significa, allora? Il coraggio è dire quello che si pensa e vivere di conseguenza.

L: Bravo. Urla pure. E poi? Cos’avrai risolto? Ti fucileranno immediatamente.
Non c’è modo alcuno in cui io possa distoglierti da questo proposito di combattere –

R: No, mamma. Non capisci che se mi ostacolerai mi avrai già perduto per sempre?

Mamma… Per favore, comprendimi. Io voglio unirmi alle brigate… insieme a Luigi, a Cesare… Pensavamo a quella in Val Nure… E renderci utili lì… Se non lo faccio, la mia vita continuerà a non avere alcun senso.

L: Tu per me sarai sempre il mio bambino…  Ma i tuoi discorsi sono quelli di un uomo, ormai.
Il solo pensiero dei pericoli e rischi a cui ti esponi mi uccide ma mi addolorerebbe di più saperti ostile, qualora mi mettessi di traverso.
Promettimi che sarai sempre attento e prudente, te ne prego. La tua vita, prima di tutto.

R: La vita come uomo libero, prima di tutto.
Va bene, mamma. Vado.

(Prende il cappello tra le mani, pensando)
E spero sia l’ultima volta che io debba indossare questo cappello.